“Mismatch” è un termine che improvvisamente ha fatto capolino tra le righe dei quotidiani e con cui abbiamo già cominciato a familiarizzare. È il modo di definire con l’immancabile termine anglofono la mancata corrispondenza tra domanda e offerta di lavoro, con specifico riferimento alla penuria di tecnici nel campo dell’informatica e dell’elettronica.
Mismatch, per intenderci, ha a che fare non solo con gli ingegneri che tutte le aziende ricercano senza trovare, ma anche con i 10 mila giuntatori di fibra ottica che secondo il Ministro Colao mancano oggi all’appello per realizzare il piano Italia a 1 Giga.
Un tema delicato che riguarda non solo i giovani che entrano per la prima volta nel mercato del lavoro ma, inevitabilmente, anche la riqualificazione delle figure professionali esistenti, perché digitalizzazione e conversione green dell’economia, come stiamo imparando, si portano appresso il fardello gravoso degli esuberi nei settori travolti dalle trasformazioni tecnologiche, sempre più rapide ed impetuose.
Un tema che si interseca in queste settimane con quanto previsto dal DL 207/2021 che, nel recepire le direttive del Codice delle Comunicazioni Elettroniche Europeo, ha modificato in modo importante l’art. 135 bis del Testo Unico dell’Edilizia (ovvero il provvedimento che rende obbligatoria l’infrastrutturazione con un impianto multifibra degli edifici nuovi e ristrutturati) impegnando contestualmente il Ministero dello Sviluppo Economico a mettere mano entro 90 giorni al DM 37/08, per adattarlo alle nuove esigenze.
Il DM 37/08, lo dico per i non addetti ai lavori, è quella norma dello Stato che regola l’accesso alle professioni tecniche e specificatamente quelle legate alle installazioni impiantistiche. Una norma basilare che ha dato dignità e ha regolato fin qui un campo estremamente importante dell’economia nazionale, basti ricordare al riguardo il numero delle imprese artigiane ricomprese in questa categoria che ammontano a ben 112 mila, ovvero il 79,0% del totale imprese del comparto, e che danno lavoro a 264 mila addetti, ovvero al 59,4% dell’occupazione del settore (fonte Confartigianato), con un fatturato che supera i 60 miliardi di euro all’anno (fonte CRESME).
Va da sé che il fatto di rimettere mano a quella norma costituisce un atto di grande rilievo e di enorme impatto potenziale, ma anche un’opportunità, se la si saprà cogliere, per ridare attualità ad un comparto che soffre di due problematiche tra loro collegate: la prima è la difficoltà di aggiornamento degli addetti; la seconda è il loro progressivo invecchiamento a causa della scarsa attrattività della professione nei confronti delle nuove generazioni.
La revisione del DM 37/08 può potenzialmente aiutare a risolvere entrambe le questioni, dal momento che l’assunto di base di tale provvedimento, allo stato attuale, è disegnare le regole per ottenere l’abilitazione alla professione, ma ben poco ne regola il successivo svolgimento, quasi ci trovassimo al cospetto di una antica corporazione o di una gilda medievale. Ridare attualità a quella norma risulta quindi di fondamentale importanza non solo per il mercato, ma anche per l’attrattività che tale professione può avere nei confronti dei giovani, aiutando a comprenderne la complessità, il ruolo nel complesso processo di transizione tecnologica in atto e anche il fascino.
Per far ciò occorre superare la logica dell’abilitazione alla professione e trasformarla in un requisito necessario ma non sufficiente. E la ragione, persino banale, è che avendo a che fare con tecnologie sempre nuove e in costante aggiornamento, nessuna acquisizione di nozioni può dirsi definitiva.
Con ciò, voglio precisarlo, non intendo dire che i tecnici più capaci non tengano nella debita considerazione la propria formazione continua, ma soltanto che in un sistema serio questa attenzione necessaria non può essere demandata solo alla buona volontà dei singoli, anche a tutela del consumatore finale.
Si rende quindi necessario da una parte riconoscere l’alta specializzazione di queste professioni e dall’altro, come avviene già in ambito ordinistico, esigere l’aggiornamento continuo come requisito per svolgerle.
Una conclusione a cui deve essere giunto anche il legislatore nel 2011, quando si è trovato a normare l’uso di energia da fonti rinnovabili, portandolo a introdurre, col DLgs n. 28 art. 15, i sistemi di qualificazione degli installatori, basati su corsi di formazione e aggiornamenti periodici obbligatori, proprio a fronte della consapevolezza che, trattandosi di nuove tecnologie, fosse necessario garantire formazione e aggiornamento dei tecnici chiamati ad operarvi.
Ecco, dunque, che la prevista revisione del DM 37/08, ai sensi DL 207/2021, costituisce un’occasione preziosa da non sprecare, per ridare attualità ad una professione appannata e viceversa strategicamente fondamentale nei prossimi decenni per portare a terra quei progetti di innovazione tecnologica del Paese tracciati per sommi capi nel PNRR e per dotare il Paese di quel corpo tecnico all’altezza, di cui ha assolutamente bisogno.